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n. 1 Aprile 2020 – Notiziario FGEI

Il 17 aprile sarà disponibile online il nuovo numero del Notiziario FGEI! In questo numero avremo l’occasione di poter ripercorrere insieme i principali appuntamenti della Federazione: il CA12 e I Campi Formazione Centro, Nord e Sud. A che punto siamo?
In attesa del 17 aprile vi lasciamo in compagnia dell’editoriale di questo nuovo numero, Marta ci ricorda quali sono le domande e i bisogni che stanno alla base della riflessione che stiamo affrontando durante questo mandato.

Cogliere il momento e disegnare orizzonti 

Siamo al XXI Congresso FGEI (Ecumene, dicembre 2018) quando i giovani e le giovani riunite prendono, o riprendono, coscienza di un legame urgente che allo stesso tempo è sempre rimasto presente, quello tra fede e politica. Il mandato quindi si indirizza su alcune riflessioni: accoglienza, paure, frontiere, spazi sicuri. Questo sentire nasce dalla capacità dei e delle giovani della Federazione di stare nel tempo che vivono, standoci da credenti. Ci rendiamo conto di quello che ci accade intorno, e non vogliamo nasconderci dietro chiese dalle porte chiuse, porti chiusi, frontiere spinate, isterie da contagio, aeroporti sorvegliati, spazi pubblici svuotati, pareti sempre più strette, pochi contatti se non con schermi sempre accesi.

La Federazione di questo mandato riconosce la mancanza di luoghi di formazione, di rivendicazione, di partecipazione, di costruzione e non vuole rimanerne vittima passiva. E con la curiosità dell’età giovanile e la sete del credente si chiede: quali frontiere ci stanno attraversando e definendo? Ci proteggono o ci rendono più soli e vulnerabili? Cosa sono gli spazi sicuri? Sono per forza chiusi? E possiamo ancora esercitare lo slancio verso l’altro/a, l’incontro, l’accoglienza dentro questi confini? Come credenti la nostra chiamata non è forse proprio lo sconfinare, la relazionalità, anche quando viene predicata e agita la politica delle porte (o porti) chiusi?

“Questo sentire nasce dalla capacità dei e delle giovani della Federazione di stare nel tempo che vivono, standoci da credenti” 

Alcune risposte sono sicuramente arrivate dai campi formazione sparsi per l’Italia, e certamente molte riflessioni confluiranno nel nazionale Campo Studi. E anche in questo percorso, in questa struttura, si definisce una grande forza e capacità di pensarsi oggi. Saper essere nei territori, valorizzare le storie, le specificità, la varietà di sensibilità e idee, senza rinunciare poi a uno spazio collettivo più ampio, composto da quei tracciati locali che confluiscono in un corpo unico. Questa, secondo me, è già una risposta alla paura dello svuotamento e dissoluzione dei luoghi di partecipazione attiva, costruzione di pensiero, laboratori di azioni collettive. La Federazione crea questi spazi, con fatica certamente, un po’ isolata a volte, a tratti disorientata dal suo modificarsi, fluidificarsi, riconnettersi, ma riesce sempre a cogliere il momento e a disegnare orizzonti.

Personalmente, la mia tensione tra fede e politica si esprime proprio nel percorso fatto in Federazione, tanto da portare a definirmi in alcune circostanze un’attivista valdese. Questa coscienza è maturata proprio su un tracciato di fede e di comunità, che dalla mia realtà locale mi ha portata a seguire quella fame dell’incontro con chi sentivo più vicino a me nella spiritualità e negli interrogativi, rendendomi poi capace di confrontarmi con la varietà di altri mondi, fuori dalle mie zone di comfort. Una definizione di me che si intesse grazie alla comunità più ampia di cui sento, con gratitudine, di fare parte.

Allora la Federazione sì, può essere veramente quel luogo di formazione, di attivismo, di fede condivisa, interrogata, agita che sembra mancarci. Invece è lì, come un’occasione preziosa che spesso non riusciamo a cogliere e a comprendere, una realtà che a volte sembra di un altrove e di qualcun altro, ma che comunque non smette mai di svolgere il suo ruolo. Una rete, non dove rimanere impigliati ma da estendere fin dove i tempi lo richiedono, da tendere per aiutarci nel salto, da allargare per attraversarla, da ritessere perché non sia sempre uguale, da annodare stretta per non perdersi, da allentare per riconoscersi. Una rete che però non si fa da sola, la facciamo insieme, con impegno, responsabilità, partecipazione, la facciamo nelle relazioni, nelle chiese, nei gruppi giovani, nelle piazze, sui social e nella nostra, coraggiosa e puntuale, testimonianza evangelica. 

Marta Bernardini,
Operatrice di Mediterranean Hope – Programma Rifugiati e Migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, già consigliera FGEI dal 2011 al 2015.