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Perché la lettera ai Romani non condanna l’omosessualità

L’articolo è stato scritto da Keith Giles e pubblicato su Patheos.com il 23 aprile 2018. L’articolo originale si trova qui:

Why Romans Doesn’t Condemn Homosexuality

Di che cosa parla realmente l’apostolo Paolo nel primo capitolo della Lettera ai Romani? Per capirlo, si comincia da Romani 1:18. In questo versetto Paolo inizia un’invettiva contro un gruppo di persone, che lui identifica in questo modo:

“L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia”

Si tratta, quindi, di persone “empie” ed “ingiuste”, intese in modo generico. Al versetto 21, dice che “si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d’intelligenza si è ottenebrato.” A questo, nel versetto 22 aggiunge che “Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti”. Nel versetto 23 che “hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.”

Ciò di cui si parla in questo paragrafo è l’idolatria. In sostanza, questi individui empi e malvagi hanno rinnegato Dio e hanno iniziato ad adorare degli idoli. Per questo motivo, “Dio li ha abbandonati all’impurità, secondo i desideri dei loro cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi” (v. 24). Dio, insomma, li abbandona a desideri impuri in risposta al fatto che è stato rinnegato e che queste persone si sono dedicate all’idolatria.

È importante ricordare, a questo punto, che negli antichi luoghi di culto pagani, che Paolo e i suoi destinatari conoscevano molto bene, era comune che l’adorazione degli dei si accompagnasse ad atti sessuali. È proprio questo ciò a cui Paolo si riferisce e che continua a descrivere al versetto 25: “essi, che hanno mutato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore, che è benedetto in eterno.”

Questo testo parla di idolatria, rituale che includeva anche atti sessuali. Ciò che Paolo condanna è proprio il ricorso al sesso come rito per il culto ad oggetti fatti dagli esseri umani, cioè agli idoli. La lussuria e la fornicazione sono condannate in quanto tali, la pratica di atti sessuali tipica delle religioni pagane è descritta come “disonorare fra di loro i loro corpi”, indipendentemente dal fatto che si tratti di atti omosessuali o eterosessuali.

Paolo prosegue, nel versetto 26, scrivendo “Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami”. La causa di tutto è il fatto che queste persone, dedite all’idolatria, avevano iniziato a degradare i propri corpi in atti sessuali rituali. Fin qui, è irrilevante che tali atti fossero tra persone dello stesso sesso o del sesso opposto.

Ci sarebbe altro di cui parlare riguardo questo brano, ma in questo momento, forse, ci si può fermare un attimo. Io, personalmente, non conosco nessuno che è gay per effetto di atti sessuali compiuti durante l’adorazione di idoli. È possibile che persone simili esistano anche nel mondo di oggi, ma io mi azzarderei a dire che la maggioranza delle persone che oggi si dichiarano gay o lesbiche non hanno cominciato a farlo dopo aver partecipato a rituali sessuali pagani in templi dedicati a Zeus o Artemide.

Allo stesso modo, non ho mai incontrato nessun gay o nessuna lesbica che prova attrazione per persone dello stesso sesso perché nega l’esistenza di Dio. Al contrario, conosco persone si identificano come omosessuali che hanno una grande fede in Cristo e che vivono mostrando l’amore e il carattere di Gesù stesso. Non vivono “abbandonati all’impurità, secondo i desideri dei loro cuori” più di quanto non succeda di farlo anche ai loro fratelli e sorelle che si identificano come eterosessuali. Nessuna di queste persone ha nemmeno “adorato e servito la creatura invece del Creatore”.

Detto ciò, torniamo a Paolo e continuiamo lo studio di questo testo.

“Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami: infatti le loro donne hanno cambiato l’uso naturale in quello che è contro natura; similmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati nella loro libidine gli uni per gli altri commettendo uomini con uomini atti infami, ricevendo in loro stessi la meritata ricompensa del proprio traviamento.” (vv. 26-27)

È necessario, qui, seguire l’intero ragionamento di Paolo. Ci sono persone che hanno rinnegato Dio e hanno iniziato ad adorare idoli, costruiti dall’uomo. Questa adorazione include, tra i rituali previsti, atti sessuali. Tali atti hanno causato l’insorgenza di “passioni infami”. Il risultato finale è che Dio li sottopone a giudizio per averlo rinnegato e aver degradato i loro corpi in atti di adorazione agli idoli pagani.

Bisogna ricordare che chiunque sia “infiammato dalla propria libidine” si trova, secondo questo testo, nel peccato, a prescindere dal fatto che sia gay, lesbica o eterosessuale. Tutto il ragionamento di Paolo ha inizio da un’invettiva contro le persone che rinnegano Dio, adorano gli idoli, oggetti creati dagli esseri umani, al posto del Creatore, e prendono parte ad atti sessuali come parte integrante di tale adorazione. È a causa dell’insieme di tutte queste azioni che Dio li sottopone a giudizio e li abbandona in mano ai loro stessi vuoti desideri. 

Se Paolo avesse concluso questa invettiva parlando di sesso tra uomini e donne, oggi condanneremmo forse tutte le persone eterosessuali senza considerare il principio del ragionamento di Paolo? Perché no? Usare questo testo per la condanna dell’omosessualità non è forse la stessa cosa? Se non leggiamo il primo capitolo della Lettera ai Romani come una condanna al sesso tra uomo e donna (e la maggior parte del capitolo parla proprio di questo), perché lo leggiamo come condanna dell’omosessualità? Probabilmente a causa del pregiudizio che abbiamo in partenza contro i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso.

Se abbandoniamo tale pregiudizio, è evidente che Paolo argomenta contro chi rinnega Dio e si dedica all’adorazione degli idoli attraverso il sesso. Non è l’atto sessuale in sé ad essere una “passione infame”, ma lo è se avviene per l’adorazione di idoli.

Il sesso tra un uomo e una donna non è sbagliato. È fondamentale, però, il contesto in cui avviene. È tra due persone che si amano e che vivono in Cristo? Allora di certo non ha nulla a che fare con l’argomento dell’invettiva di Paolo nel primo capitolo della Lettera ai Romani. Il punto è proprio questo: Romani 1 non fornisce elementi per etichettare i rapporti omosessuali come “buoni” o “cattivi”. Paolo non scrive per spiegare perché i rapporti sessuali, di qualunque natura, siano intrinsecamente giusti o sbagliati, ma scrive di rapporti inseriti in un contesto di adorazione agli idoli. È questa l’unica caratteristica che li classifica come peccato al giudizio di Dio, non è rilevante che si svolgano tra persone dello stesso sesso o meno.

È al di fuori di ogni dubbio che esistano persone che sono gay o lesbiche, che allo stesso tempo sono cristiane e “amano il Signore, Dio loro, con tutto il loro cuore” e che non vivono nella fornicazione e non sono schiave dei propri desideri. È altrettanto ovvio che questo brano non parla di loro.

In conclusione, vorrei che incontraste alcune delle persone cristiane omosessuali o transgender che io conosco. Se poteste, vi rendereste conto che non si tratta né di “pervertiti” né di “abomini”. Al contrario, potreste vedere ciò che vedo io, ovvero una benedizione anche per quelle che persone che le ostracizzano e che le marginalizzano. Sono persone pronte a perdonare persino l’umiliazione che hanno subito da parte dei propri stessi familiari. Sono persone di grande fede, che nonostante abbiano gli occhi pieni di lacrime e i cuori colmi di dolore, pregano per coloro, spesso cristiani, che invece hanno per loro solo false accuse ed insulti, come quelli che ho riportato prima. Vedo Gesù Cristo nelle vite di queste persone più di quanto non lo veda nelle vite di molte persone che si identificano come eterosessuali. Spero, anzi, di imparare un giorno da loro come perdonare e accogliere con affetto ogni persona, anche i fratelli e le sorelle che non sanno accettarli ed accettarle per chi sono veramente.

Keith Giles è l’autore di molti testi, tra cui “Jesus Untangled: Crucifying Our Politics To Pledge Allegiance To The Lamb”. È inoltre co-host del podcast “Heretic Happy Hour”, che si trova su iTunes e Podbean. Vive in Orange County (California) con sua moglie e i suoi due figli. È possibile supportarlo e avere accesso a contenuti esclusivi sostenendolo su Patreon