#GiovedìQueer News

Cinque falsi miti sulla bisessualità e perché è importante sfatarli

Sei credente? Davvero? Eppure non si direbbe?

Non puoi essere membro della comunità LGBTQI+ e continuare a credere in Dio!

Se davvero credi in Dio allora non puoi appartenere alla comunità LGBTQI+!

A più di qualcun* sarà capitato di sentire queste frasi: sono fin troppo frequenti e sono uno dei numerosi motivi per cui sono nate tante associazioni cristiane LGBTQI+. Sono  anche parte del motivo per cui la FGEI ha deciso di dare vita ad un gruppo di lavoro che si occupa di sensibilizzazione, informazione e testimonianza rispetto alle tematiche LGBTQI+: il gruppo che ha dato vita all’iniziativa del #GiovedìQueer.

Diamo grande importanza, come credenti, alla diffusione del messaggio di un Dio d’amore che ci chiama all’amore verso il prossimo e che ci accoglie nella sua grazia. Crediamo che il cuore del messaggio cristiano sia che siamo tutte, tutti, tutt* fratelli e sorelle in Cristo, senza distinzione. Crediamo, l’abbiamo già detto e vogliamo ribadirlo, che l’arcobaleno delle diversità che ci caratterizzano renda il genere umano ancora più prezioso. Per questo rifiutiamo un sistema binario che incasella le persone in scatole troppo strette, in etichette che non lasciano spazio all’espressione della nostra umanità, creata ad immagine e somiglianza di Dio: siamo suoi figli e figlie nella nostra interezza, e non “nonostante” qualcosa, o “a patto che” rinunciamo a una parte della nostra identità. 

Il 23 di settembre si celebra la bisessualità, la sua visibilità e il suo riconoscimento, ed è per questo che, come redazione, abbiamo deciso di scrivere questo articolo proprio nel mese di settembre.
La “B” di LGBTQI+ è purtroppo spesso al centro di discriminazioni che arrivano non solo da persone e ambienti omofobi, ma anche dall’interno della comunità LGBTQI+ stessa, con le accuse più varie: dalle più classiche, quelle di infedeltà, volubilità, indecisione, fino a quella di binarietà tossica e di transfobia.
Di cosa stiamo parlando? Proveremo a spiegare alcuni termini tecnici in questo articolo, in cui abbiamo cercato di radunare i luoghi comuni più diffusi riguardo la bisessualità e di dimostrare la loro falsità

1. Le persone bisessuali sono attratte al 50% dagli uomini e al 50% dalle donne.

Non solo questa affermazione è decisamente falsa, ma è può anche provocare danni e sofferenze: proprio a partire da questo luogo comune si innesta nella mente delle persone bisessuali un meccanismo di autoinvalidazione che le spinge a non accettare il proprio orientamento, a non essere accettate dalla società e, a volte, neppure riconosciute dalla comunità LGBTQI+: “è solo una fase”, “lo fai perché va di moda”, “in realtà sei gay/lesbica e non vuoi ammetterlo”… qualunque persona bisessuale si è sentita dire almeno una di queste frasi.

In realtà, però, la definizione di bisessualità è molto più complessa di quanto si pensi.
Ogni orientamento sessuale si articola in due componenti: attrazione sessuale e attrazione romantica. Queste componenti possono essere presenti in varie gradazioni, dalla totale assenza (per cui si parla di asessualità e aromaticità) alla loro presenza contemporanea, alla presenza di una delle due in grado più marcato rispetto all’altra. Ad esempio, una persona può provare attrazione fisica per un’altra, ma al contempo non provare attrazione romantica, ovvero non riuscire ad immaginare di avere una relazione e condividere una quotidianità insieme a quella persona: questo non cancella e non limita il suo orientamento. Sembra difficile da capire? In realtà è molto comune: a chi non è capitato di incontrare una persona “sì, bellissima, ma non ci uscirei mai insieme!”. Una persona può definirsi bisessuale pur essendo, di fatto, piuttosto omoromantica o eteroromantica -ma questo è solo un aspetto della questione.
Tornando alle percentuali, certo, è possibile essere attratti  romanticamente e sessualmente con la stessa intensità da tutti i generi, ma può anche non essere così. Per provare a spiegare ciò Alfred Kinsey, un biologo e sessuologo americano, ha messo a punto, nei suoi anni di studi, un test che cerca di definire l’orientamento sessuale di una persona su una scala da 0 a 6. Allo zero corrisponde la persona esclusivamente eterosessuale, al sei la persona esclusivamente omosessuale, e nel mezzo ci sono una serie di possibilità: ciascuna di queste corrisponde ad un orientamento bisessuale. Il test di Kinsey è nato nel 1948, dunque per la sua epoca è stato rivoluzionario, ma oggi può risultare carente in alcuni aspetti; tuttavia, può essere un ottimo strumento per conoscere noi stessi e l’altr*. Va da sé che, se una persona afferma di essere bisessuale, come per tutti gli altri orientamenti e identità, non c’è bisogno di un test per darle il patentino: la si riconosce e la si rispetta. Tutto ciò che mira ad invalidare l’orientamento sessuale di una persona perché non abbastanza “binario” rientra nel concetto di bicancellazione (bierasure per dirla in termini anglosassoni) e di bifobia. 

2. Come fai a definirti bisessuale se non sei mai stat* con persone del tuo stesso sesso?

Oltre alle componenti di attrazione sessuale e romantica, ogni orientamento sessuale si definisce anche in base a tre elementi: desiderio, comportamento, identità. Di solito questi si presentano in varie forme: si possono avere desideri verso uno o più generi senza però metterli in atto; si possono avere desideri e comportamenti che li rispecchiano; si può, in conseguenza di desideri e comportamenti, definire la propria identità, cioè dire “sono lesbica”, “sono gay”, e, ovviamente, “sono bisessuale”. L’orientamento delle persone bisessuali non dipende dai/dalle partner che hanno avuto o che hanno in un dato momento, non si sceglie un genere sull’altro per convenienza o per capriccio: si sceglie di condividere la propria vita con una persona. Se anche questo sembra strano da capire basta porsi una semplice domanda: quando siamo in una relazione con qualcuno, smettiamo forse di trovare attraenti altre persone? Qualcun* forse sì, ma la maggior parte di noi no: anche i desideri che non si trasformano in comportamenti definiscono chi siamo. 

3. La bisessualità è transfobica perché esclude le persone trans!

Questa è un’accusa che arriva dall’interno della comunità LGBTQI+, in base all’assunto che il prefisso “bi” della parola “bisessuale” indichi i famosi due sessi, due generi, due identità rigide e monolitiche. Abbiamo detto che non crediamo nel binario, ma assolutamente non bisogna pensare alle persone trans come componenti di un “terzo genere”: questo sì che è transfobico! Le persone trans sono incluse sulla base del genere con cui si identificano: le donne trans sono donne, e gli uomini trans sono uomini, a tutti gli effetti.
Nel mondo LGBTQI+ circola ancora, ma ormai sta tramontando, l’idea che la persona bisessuale è attratta solo da due generi, mentre la persona pansessuale è attratta da persone di tutti i generi. In realtà non è proprio così: nella sfera dell’attrazione provata dalle persone bisessuali può rientrare anche quella per tutte quelle persone che si identificano come non-binary o che sono intersessuali. E allora che differenza c’è tra la pansessualità e la bisessulità? Le persone pansessuali sono attratte da altre persone “a prescindere dal genere”: per loro l’attrazione, romantica e/o sessuale, non è direttamente collegata all’identità e all’espressione di genere dell’altr*, ma si sviluppa attraverso altre modalità, come possono essere una forte connessione emotiva o intellettuale, un vissuto comune, o semplicemente il fascino che emana “in quanto persona”.

4. Le persone bisessuali sono infedeli!

Questo pregiudizio nasce dal fatto che sembra impossibile avere una relazione con una sola altra persona se si prova attrazione per più generi, ma abbiamo già parlato di come l’orientamento sessuale sia composto di molte espressioni, di cui il comportamento è solo una. Sappiamo bene che un comportamento infedele può nascere in qualsiasi persona e intaccare qualsiasi relazione. La visione binaria tossica vede le persone bisessuali come “indecise”, volubili e naturalmente inclini al tradimento, ma non lo sono più di quanto non lo sia chiunque altro. In generale, pensare ad una persona bisessuale come “mezza omosessuale e mezza etero” significa forzarla in un sistema di veri e propri binari dove non si può fare altro che saltare dall’uno all’altro, mentre le nostre vite, i nostri desideri, le nostre attrazioni, i nostri comportamenti e il modo in cui ci definiamo vivono in uno spazio che è continuo, che non prevede il salto da un binario all’altro a seconda della situazione attuale, ma l’esistenza di un meraviglioso spazio percorribile in tutte le direzioni.

5. Sei bisessuale? Davvero, non si direbbe!

Come credenti dovremmo impegnarci a non giudicare l’altr* e soprattutto a non attribuire etichette in modo arbitrario: le etichette sono importanti per chi in esse trova rappresentazione e validità, ma non devono essere scatole in cui costringersi a restare per essere contenut*. Le definizioni che esistono nel mondo queer sono tante e possono confondere: è lecito chiedere, porsi in ascolto e dialogare. Per fare ciò occorre però liberarsi dal pregiudizio, mettere l’amore e il rispetto dell’altro e dell’altra al primo posto seguendo l’esempio di Gesù Cristo, che nell’Evangelo di Giovanni ci ha lasciato il più importante dei suoi insegnamenti

“34 Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. 35 Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri».”