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LGBTQIA+, per cosa sta la A?

Nella settimana dal 24 al 30 ottobre cade l’asexual awareness week, ovvero settimana della consapevolezza asessuale, periodo nel quale ci si impegna ad informare e dare voce e spazio alle persone asessuali. Per questo motivo questo mese abbiamo deciso di parlarvi proprio dello spettro asessuale, senza dimenticare di menzionare anche quello aromantico. Lo faremo parlando con una nostra amica che si identifica nel primo spettro, volgendo insieme uno sguardo alle Scritture.

Prima di iniziare vogliamo presentarvi le definizioni dello spettro asessuale e aromantico, che da ora in poi saranno definiti rispettivamente “ace” e “aro” oppure nella loro forma combinata “aroace”, così come riportate dalla pagina facebook Rete lettera A, impegnata nell’attivismo legato a queste identità.

Asessualità:

orientamento sessuale di chi non prova attrazione sessuale verso alcun genere, o ne prova raramente (graysessualità) o in specifiche circostanze (come, ad esempio, in seguito all’istaurarsi di una forte componente emotiva: demisessualità). Comprende tanto persone sex-favorable, che trovano quindi piacevole l’esperienza sessuale, quanto persone sex-repulsed, che sono disgustate dal sesso, ma anche persone sex-averse, che non hanno voglia di essere coinvolte in atti sessuali, o sex-indifferent, che quindi non hanno interesse ad essere coinvolte in atti sessuali, ma che potrebbero liberamente prenderne parte. Le persone asessuali possono provare attrazione romantica verso uno o più generi, possono essere quindi omoromantiche (etero, gay o lesbiche), biromantiche, panromantiche ecc…


bandiera ace   


bandiera gray


bandiera demi


Le persone che, al contrario, provano invece attrazione sessuale relativamente intensa e frequente sono definite allosessuali.

Aromaticismo:

orientamento romantico di chi non prova attrazione romantica verso alcun genere o ne prova raramente (grayromanticismo) o in specifiche circostanze (demiromanticismo). Le persone aromantiche possono essere tanto asessuali che allosessuali e quindi anche etero, gay, lesbiche, bi+ ecc… Le persone aromantiche possono essere single ma anche avere partner e una o più relazioni, l’attrazione romantica non è infatti l’unica forma di attrazione emotiva. L’aromanticismo è uno spettro e quindi comprende persone che hanno relazioni romantiche, che non vogliono avere relazioni romantiche o che non hanno preferenze a riguardo.


bandiera aromantica 


bandiera grayromantica


bandiera demiromantica


Parleremo dello spettro Ace nello specifico insieme ad E., una ragazza nostra amica che preferisce restare anonima. 

Cara E. come è vivere da asessuale in un mondo allonormativo se non addirittura improntato ad una vera e propria pressione sociale nell’avere rapporti sessuali? Tutto questo come ha influito nel tuo percorso di consapevolezza? 

Ciao! Innanzitutto, grazie mille per l’attenzione che state dedicando allo spettro aroace, che purtroppo viene spesso ignorato o confuso con scelte di vita che con l’identità personale hanno molto poco a che fare.

Per quanto riguarda l’aspetto della pressione sociale direi che, rispetto alle altre “lettere” della comunità LGBTQIA+, chi appartiene allo spettro ace si trova in una posizione ibrida. Da una parte infatti esiste una spinta – soprattutto dal gruppo dei pari (ad esempio: colleghə di lavoro o compagnə di scuola/università) – ad avere relazioni romantiche e/o sessuali; dall’altra, in alcune dimensioni sociali l’aspetto della sessualità purtroppo (o, se vogliamo, nel nostro caso, per fortuna) viene spesso ancora vissuto come un tabù quindi le persone tendono, come sarebbe giusto e auspicabile, a non interessarsi né interferire in questo aspetto della sfera privata altrui.

Questo ha fatto sì che per anni io non mi ponessi minimamente il problema; i primi dubbi sono arrivati al liceo. Lì infatti le relazioni e il sesso hanno iniziato ad essere l’argomento di conversazione più gettonato, quasi un “requisito sociale” che era strano non avere, e io sono diventata un pesce fuor d’acqua. Per un po’ ho cercato di capire quale fosse il mio problema e di adeguarmi al contesto, ma dopo un po’ di tentativi ho deciso che non mi andava di forzarmi in una direzione che non sentivo mia. Questa prima presa di coscienza, se così vogliamo chiamarla, in realtà però non ha del tutto messo a tacere i miei dubbi.

La consapevolezza vera e propria della mia identità è molto più recente, risale a poco più di un anno fa ed è arrivata quasi per caso. Durante una serata al pub, un’amica attivista LGBTQIA+ parlava di asessualità e demisessualità, parole che prima di quel momento non avevo mai sentito nominare; eppure, quando mi ha spiegato la definizione ho capito immediatamente di rientrarci. Ho capito di non essere “rotta”, di non avere niente che non andasse e ho sentito tornare al loro posto pezzi di me che avevo messo forzatamente a tacere.

Da allora ho iniziato a parlare anche con amicə e conoscenti di asessualità e la cosa che mi ha più colpita è stata la reazione di negazione ogni volta che dicevo di identificarmici: “ma ne sei sicura? “il sesso è un dono, perché decidi di privartene?”, “non hai ancora trovato la persona giusta” … Alcune di queste cose erano dette non con cattiveria ma con genuina curiosità, eppure se non avessi avuto alle spalle la consapevolezza dell’esistenza della comunità Ace forse sarei ricaduta nei dubbi della E. liceale.

Nel nostro articolo abbiamo voluto scrivere uno specchietto anche sull’aromanticismo, ritieni tu o c’è chi ritiene che ci sia una connessione tra i due orientamenti?

L’asessualità e l’aromanticismo vengono molto spesso considerati come un blocco unico, probabilmente influisce il fatto che nella sigla LGBTQIA+ entrambi siano racchiusi e rappresentati dalla lettera A.

In realtà però non è così semplice: l’attrazione sessuale e quella romantica sono due aspetti distinti, possono certamente coesistere e influenzarsi a vicenda ma non necessariamente l’una implica l’altra. In pratica, ci possono essere persone che rientrano in entrambi gli spettri (aromanticismo e asessualità, per brevità aroace), persone asessuali che desiderano una relazione romantica con altrə e viceversa persone aromantiche allosessuali.

Il fatto di identificarsi nello spettro ace, definito come orientamento sessuale, come si coniuga, se si coniuga, con gli altri orientamenti sessuali?

Le definizioni di allo- e asessualità si limitano a descrivere se l’attrazione sessuale sia più o meno presente; questa poi può essere rivolta a un genere diverso dal proprio, allo stesso genere o a più di un genere. Le persone appartenenti allo spettro ace, quindi, pur identificandosi pienamente nella definizione, possono essere etero, omo o biromantiche e avere relazioni con unə o più partner senza che questo le renda “meno ace”. La stessa cosa ovviamente vale per le persone aromantiche.

Per questo motivo, personalmente non definisco l’asessualità un orientamento in senso stretto (nel significato quindi di diretto verso qualcunə) e non ritengo infatti che la definizione del mio orientamento si esaurisca nel mio essere ace.

Non dimentichiamo però che l’ombrello A è ampio e racchiude persone con tantissime sensibilità diverse, quindi ovviamente è giusto che ognunə scelga per sé la definizione che sente più vicina alla propria identità.

Gli spettri ace e aro stanno definendo nuovi tipi di famiglia, ma anche la legittima scelta di non “mettere su famiglia” andando contro il sistema amatonormativo, quel sistema così definito nel 2012, in “Minimizing marriage: Marriage, Morality and the Law” da Elizabeth Brake: consiste nel supporre che una relazione amorosa centrale ed esclusiva sia normale per gli esseri umani, in quanto essa è obiettivo universalmente condiviso, e che questo tipo di relazione costituisca la norma, in quanto dovrebbe essere preferito ad altri tipi di relazione. Il presupposto che le relazioni più importanti debbano essere di tipo matrimoniale o amoroso svaluta le amicizie e altri tipi di relazioni affettive”. Qual è il tuo personale pensiero sui rapporti o non rapporti familiari, che prevedano o meno la scelta di avere figlɜ?

Sono pienamente d’accordo con la definizione di Elizabeth Brake, soprattutto quando parla di relazioni più o meno importanti. La relazione con unə partner, quella con unə amicə o quella con un’altra persona significativa, di qualsiasi tipo essa sia, si trovano su piani relazionali differenti e sono ovviamente diverse, ma questo non deve assolutamente significare che siano in qualche modo ordinate fra loro gerarchicamente. L’essere umano è complesso e, anche guardando esclusivamente al piano delle relazioni sociali, ha una tale costellazione di bisogni e desideri che è pressoché impossibile pensare di poterli realizzare con un unico tipo di relazione con un’unica persona per tutta la vita.

Questo ovviamente non va a minare l’importanza di una relazione stabile e duratura con un’altra persona, serve solo a dire che i diversi tipi di relazioni che possiamo instaurare nell’arco della nostra esistenza sono tutti ugualmente validi e necessari; quindi sostenere che una relazione piuttosto che un’altra sia l’ideale massimo a cui tutti e tutte desideriamo arrivare è un’idea egoistica e un po’ miope, per non dire francamente sbagliata.

Detto questo, è innegabile che ad oggi l’aspettativa sociale del “mettere su famiglia” rimanga molto forte e che investa soprattutto le donne, le quali purtroppo se non possono o non vogliono aver figlə arrivano anche a sentir mettere in discussione il proprio valore di donne. Potremmo aprire qui una lunghissima parentesi sul perché le donne debbano sentirsi realizzate solo in quanto madri o sul perché, viceversa, a un uomo non venga generalmente accostato il desiderio di paternità, ma usciremmo fuori contesto.

Sicuramente, però, il desiderio o meno di diventare genitore è una questione del tutto individuale ed estremamente personale che non necessariamente è legata all’identità e/o all’orientamento di una persona; senza contare che è anche connessa al contesto di vita, per cui può evolversi e cambiare nel tempo e una risposta data oggi potrebbe fra un anno non essere più valida.

Prima di salutarci, ti andrebbe di condividere con noi il tuo rapporto con la fede e se nella tua comunità o esperienza di fede il tuo orientamento sessuale è stato oggetto di invalidazione o peggio discrimazione?

In quest’ultimo periodo il mio rapporto con la fede sta conoscendo una fase di dubbi e di transizione. Per una questione di “scelta obbligata” da parte della mia famiglia ho seguito per anni la religione cattolica ma recentemente, sia a causa di gravi discriminazioni alle quali mi sono trovata ad assistere all’interno della mia (ex) comunità, sia per dubbi più strettamente legati al piano teologico, mi sono allontanata e mi sto avvicinando al protestantesimo. Il Signore mi ha fatto dono di non far vacillare la mia fede, ma al momento non ho ancora le idee molto chiare e quindi, in attesa di potermi confrontare con qualcunə che ne sappia più di me e mi possa guidare, purtroppo per ora non posso dire di appartenere a nessuna comunità.

Nonostante la mia precedente comunità avesse su molti aspetti una visione limitata e bigotta, posso dire di essere stata fortunata perché non sono mai stata oggetto di discriminazione per via del mio essere ace (c’è da dire però che quasi nessunə ne era a conoscenza). Purtroppo però non posso dire la stessa cosa per l’invalidazione; l’asessualità è stata e continua tutt’ora ad essere troppo spesso confusa con aspetti quali castità e celibato. All’interno di alcune comunità religiose (anche nella mia era così, per citarne una) queste scelte sono apprezzate e in qualche misura incoraggiate, perché si pensa che rispecchino più profondamente il messaggio delle Sacre Scritture. Però, per quanto queste scelte possano essere più o meno condivisibili e/o apprezzate, è bene ricordare che si tratta appunto di scelte. L’asessualità e l’aromanticismo, invece, sono identità personali legittime e ben definite che con il concetto di scelta non hanno niente a che fare; non siamo così perché è bello o perché ci è stato detto: siamo così e basta, non vogliamo – e non dobbiamo – cambiare.

Nella prima parte di questo articolo abbiamo concluso la nostra chiacchierata avvicinandoci a quanto dicono le Scritture e come le diverse confessioni si pongono rispetto alla sessualità.

Se molto è stato fatto da attivistɜ e teologɜ in questo campo, con particolar attenzione all’omosessualità, ancora nulla o quasi è stato detto sull’asessualità, spesso addirittura confusa con l’essere asessuati (privo di organi sessuali distinti). Eppure, qualche spunto di riflessione, anche a partire da quanto di ha raccontato E., l’abbiamo trovato. 

Partiamo col dire che intorno alla sessualità si è molto lavorato soprattutto negli ultimi anni, vorremmo citare la tesi n. 40 tratta dalle “95 tesi per l’accoglienza delle minoranze sessuali in nome del Vangelo”, scritte nel 2012 da Richard Bennahmias, Joan Charras-Sancho, Joel Dahan, Jurgen Grauling, e qui presentate nella traduzione a cura di Gabriele Bertin.

Noi riconosciamo nei piaceri, nelle gioie, nelle sorprese e nelle infinite meraviglie condivise che ci procura una sessualità vissuta nel rispetto, nella reciprocità e nell’amore, delle manifestazioni tangibili della Grazia.

Il recupero della sessualità non più come peccato ma addirittura come manifestazione tangibile della Grazia ha rotto la contrapposizione che vedeva nell’astinenza o nella pura ricerca della procreazione le uniche rette vie. Abbiamo, però, il dovere di non estremizzare dal lato opposto, invalidando fratelli e sorelle ace e rimproverando loro di rifiutare un “dono di Dio”. 

Prima di proseguire soffermiamoci sul fatto che asessualità e aromanticismo non vanno confuse con l’astinenza, la castità, il nubilato o il celibato. La castità, infatti, è la condizione di chi sceglie di astenersi dall’avere rapporti sessuali e l’astinenza è la rinuncia temporanea o perpetua all’avere rapporto sessuali. I termini di celibato e nubilato indicano lo stato di una persona che non si è sposata, stato che può essere perpetuo come quello riservato ad alcuni ordini sacerdotali e monacali.   

Tutto ciò rientra quindi nella libertà di scelta, scelta che in quanto tale può essere mantenuta o cambiata nel corso del tempo.Quando parliamo di identità sessuali o di genere e di orientamenti, al contrario, non ci troviamo più davanti ad una scelta e per tale motivo dovremmo ancor più ascoltare, imparare a conoscere e rispettare l’altra persona senza pretendere di volerla cambiare o peggio ancora curare.

Per questo motivo queste mese vogliamo proporvi di rileggere alla luce di quanto detto finora alcuni passi tratti dalla prima lettera di Paolo ai Corinzi al capitolo 7, uno dei passaggi che per secoli è stato sbandierato a sostegno della castità e anche del celibato.

6 Ma questo dico per concessione, non per comando; 7 io vorrei che tutti gli uomini fossero come sono io; ma ciascuno ha il suo proprio dono da Dio; l’uno in un modo, l’altro in un altro. 8 Ai celibi e alle vedove, però, dico che è bene per loro che se ne stiano come sto anch’io. 9 Ma se non riescono a contenersi, si sposino; perché è meglio sposarsi che ardere.

In questo passo Paolo parla agli uomini celibi e alle donne vedove, ma anche nubili (cfr. vergini vv. 25 e seguenti) della sua personale condizione di celibato, presentata come possibile, e non certo obbligatoria. È interessante notare che la traduzione presentata dalla Nuova Riveduta parli di “condizione” facendoci pensare quindi non ad una scelta, ma ad un’identità.  Non sposarsi o non risposarsi in un mondo patriarcale incentrato sulla famiglia e la prole, considerata mezzo stesso di sussistenza in alcuni casi, appare come qualcosa di rivoluzionario, una vera presa di posizione a “non conformarsi a questo mondo” (Rom 12, 2). Paolo mostra dunque, una possibilità altra da quella del matrimonio, una libera condizione altrettanto benedetta da Dio e che viene presentata non in contrasto con l’invito “Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra” (Gen 9,1b). 

Leggiamo infatti ai versetti 25-28 dello stesso passaggio (1 Corinzi 7Io )

25 Quanto alle vergini non ho comandamento dal Signore; ma do il mio parere, come uno che ha ricevuto dal Signore la grazia di essere fedele. 26 Io penso dunque che a motivo della pesante situazione sia bene per loro di restare come sono; poiché per l’uomo è bene di starsene così. 27 Sei legato a una moglie? Non cercare di sciogliertene. Non sei legato a una moglie? Non cercare moglie. 28 Se però prendi moglie, non pecchi; e se una vergine si sposa, non pecca; ma tali persone avranno tribolazione nella carne e io vorrei risparmiarvela.
Va detto che, come in tanti altri brani nei testi del nuovo testamento, questi versetti sono scritti in un contesto in cui si credeva che il ritorno di Gesù, e con esso la fine del mondo così come lo conosciamo, sarebbe avvenuto a breve, entro la generazione corrente. Paolo si trova quindi a fornire i suoi consigli a comunità nelle quali ci sono anche membri in angoscia per non poter realizzare progetti di vita a lungo termine. Questo nulla toglie a quanto detto finora circa le identità sessuali. Resta il fatto che Paolo per se stesso dice “ io vorrei che tutti gli uomini fossero come sono io; ma ciascuno ha il suo proprio dono da Dio; l’uno in un modo, l’altro in un altro.” (1 Cor 7,6-7) una presa di coscienza che potrebbe tranquillamente essere interpretato come vera e propria identità sessuale ace o aro e non solo come scelta. Senza pretendere di dirimere un dibattito su una questione così personale di un uomo vissuto millenni fa, questa riflessione condotta insieme vuole essere un punto di partenza che porti alla sempre crescente consapevolezza e al rispetto verso e delle identità ace e aro in una prospettiva evangelica.