#GiovedìQueer News

Decalogo Alleat*

E così hai deciso di essere un* alleat* delle lotte per i diritti LGBTQ. Hai deciso, dunque, di fare un passo oltre a quel generico “Love is love” e di conoscere un po’ più da vicino questo mondo: forse perché ne fa parte qualcuno a te molto vicino, un familiare, un’amica, una persona che viene in chiesa con te; o forse, hai semplicemente capito che, per combattere l’omotransfobia, non basta mettere un filtro arcobaleno alla tua foto profilo.

Ti proponiamo di seguito una piccola guida, che noi stess* osserviamo, per cominciare.

Consigli da un’alleata

1) Rispetta le identità

“Devo dirti una cosa: sono gay”. Quando un’amica, un parente, una persona che ti reputa di sua fiducia ti dice che il suo orientamento sessuale o la sua identità di genere non sono allineati con la maggioranza, sta facendo coming out con te. Per questa persona esporsi potrebbe essere una fatica e una sofferenza, e se ti sta dando la sua fiducia fino a questo punto puoi esserne fiera. Dunque, la prima cosa da fare è crederle! Risponderle “Ma sei sicuro?”, “Magari è solo una fase”, “Sei troppo giovane per saperlo” o cose del genere invalidano la sua identità e mostrano che hai ancora troppa paura di aprirti a identità diverse dalla tua. Va bene essere confuse e scombussolati, perché non sempre ce lo aspettiamo, ma almeno proviamo a rispondere a chi fa coming out con noi: grazie per avermelo detto. Ti sosterrò nelle tue lotte, sono qui con te, sono tuo alleato.

2) Impara a distinguere tra coming out e outing

Quando una persona viene da te, o dal tuo gruppo di amici, o di colleghe, e dice “Sono lesbica”, sta facendo coming out, abbiamo detto. Ciò non significa che tu sia autorizzato ad andare a dire che questa persona è lesbica a chi ancora non lo sa. Quello si chiama outing, che è assolutamente da evitare, perché potrebbe provocare un danno molto grave: qualcuno potrebbe attaccare la tua amica, demansionarla, ostracizzarla, perfino aggredirla fisicamente. Ma anche se non ci fosse una reazione così ostile, è giusto che ognuno sia responsabile del proprio coming out, e decida se, come, quando e con chi farlo

3) Occhio ai pronomi

Bene: è successo che una persona che conosci ha fatto coming out con te come trans, cioè ti ha detto che non si sente in linea con il genere che le è stato assegnato alla nascita, e dunque ti chiede di chiamarla con un altro nome e riferirti a lei con altri pronomi. Potrà sembrarti difficile, all’inizio, perché hai conosciuto quella persona quando ancora non aveva fatto coming out, ma ricordati sempre la regola numero 1 (rispetta le identità) e mettitici d’impegno. Cogliamo l’occasione per ricordare che si danno i pronomi e il genere a partire dall’identità di arrivo, e cioè: se noi conoscevamo Mario, che a un certo punto viene da noi e ci dice “Il mio nome è Maria”, Maria è una donna trans. O, semplicemente, una donna. Se noi conoscevamo Francesca, che un giorno viene da noi e ci dice “Chiamatemi Francesco”, Francesco è un uomo trans, e in ogni caso, un uomo. È importantissimo usare il nuovo nome e i pronomi giusti anche quando la persona che te l’ha chiesto è assente, parlando di lei con altri -sempre che stiamo parlando in un contesto dove tutti sanno che è trans, altrimenti sarebbe outing, e abbiamo detto al punto 2 che l’outing non si fa. Se sei in dubbio, usa un diminutivo e cerca espressioni neutre.

4) Partecipa al Pride responsabilmente

E così hai deciso di andare al Pride. Ottimo! Ti divertirai un sacco. Però, cerca di arrivarci in maniera consapevole. Hai presente il famoso cartello con scritto “Mi piace la patata ma supporto la parata”? Ecco, noi ti consigliamo di evitarlo, e per tanti motivi. Magari a te sembra una cosa simpatica, ma cominciamo col dire che a nessuno, là intorno, interessa che a te piaccia la patata, la carota o il cavolfiore. Al Pride si va per sostenere le lotte LGBTQ. Se in cuor tuo sostieni queste lotte, ma senti il bisogno di dichiarare la tua eterosessualità, e per di più con un cartello che identifica un certo tipo di anatomia con un dato genere, in un contesto come quello del Pride, dove ci sono infinite identità e orientamenti, ci viene da chiederti, perché? Accanto a te ci sono persone che potrebbero aver affrontato bullismo, ostracismo, depressione, licenziamenti, solo e soltanto a causa dell’omotransfobia, e si trovano lì per ribadire che invece la loro identità li rende orgogliosi. C’è qualcosa di profondamente sbagliato nel ribadire di non appartenere al mondo LGBTQ quando si fa una manifestazione affinché le loro identità siano valide e tutelate, non credi? Per essere un buon alleato, quindi, posa quel cartello, vestiti come più ti piace e buttati nel corteo.

5) Mettiti in questione

Tutti abbiamo un certo grado di omotransfobia interiorizzata, e questo perché viviamo in un mondo ancora fortemente eteronormativo, dove le identità e gli orientamenti non allineati sono visti a volte come un pericolo per la società, o, nel migliore dei casi, come una macchietta. Le battute, gli stereotipi, le barzellette, le imitazioni irrispettose sono all’ordine del giorno, e magari, in passato, ci hanno anche fatto ridere: “checca isterica”? Datato e misogino, oltre che omofobico. “Lesbica camionista”? Le lesbiche e le camioniste possono avere qualunque aspetto. “IL trans” riferito a una persona che usa nome, abiti e pronomi da donna? Correggiamo l’articolo. Voler sapere, in una coppia omosessuale, “chi fa l’uomo e chi fa la donna” non ha, semplicemente, alcun senso. Impariamo a fare un passo indietro, a guardarci dentro e a eliminare dal nostro vocabolario parole, frasi o riferimenti che i nostri amici LGBTQ non sarebbero felici di sentirsi indirizzare. Anche in loro assenza. E ricordiamoci che non stiamo facendo questo solo per coloro che sono nostri amici o amiche, ma per un’intera categoria di persone, che possono starci più o meno simpatiche, ma che, come tutte le creature, meritano rispetto.

Consigli da una persona queer

1) Lascia parlare le persone LGBTQ+ e mettiti da parte.

Parla meno e ascolta di più. Ci sono giorni che noi persone LGBTQ+ abbiamo una voglia pazza di raccontare le nostre storie, di come ci siamo sentiti in certi momenti, delle discriminazioni che subiamo. E sentiamo così tanto il bisogno di raccontarci perché per tanto, troppo tempo, siamo state silenziate. Le nostre esperienze negative sono state minimizzate, se non addirittura derise. Per secoli altri hanno parlato per le persone LGBTQ+, adesso tocca a noi riprenderci la nostra voce e parlare per noi stessi. 

Quando una persona LGBTQ+ decide di raccontarti la sua storia, prima di iniziare a fare domande, assicurati di avere capito bene la discriminazione o l’oppressione che ti sta raccontando. Dire “ma sei sicura di quello che stai dicendo?” “è veramente così?” “a me risulta in un altro modo” dopo che si ha ascoltato l’esperienza diversa da quello che ci aspettavamo di ascoltare significa annullare tale esperienza. 

2) Check your privilege.

“Non tutti gli uomini commettono violenze”, “non tutti gli etero compiono atti omofobi”, “non tutti i bianchi sono razzisti”. Vogliamo darti una notizia sconvolgente: LO SAPPIAMO.
Sappiamo che non tutti i bianchi sono razzisti ma sappiamo anche che per il loro vissuto personale hanno lavorato meno su queste tematiche. Così come un etero che tutti i giorni non deve affrontare discorsi omofobi, è normale che non sia così sensibile come una persona LGBTQ+ abituata invece ad affrontarli. Quindi è normale che si abbiano dei bias inconsapevoli, dei pregiudizi che neanche sapevamo di avere. Se non appartieni ad una categoria di persone discriminate molte volte fai fatica ad accorgerti che anche tu sei parte del problema.

Ma ricorda… nel momento in cui tu decidi che non sei più parte del problema, lo diventi.

3) Chiedi, chiedi, chiedi.

Essere un alleato non vuol dire che automaticamente sai tutto.
Se non sai che pronome utilizzare con una persona: chiedi. Se hai difficoltà a capire l’identità di una persona: chiedi. Se non sai come si definisce (se si definisce) una persona rispetto al suo orientamento sessuale: chiedi. Non c’è niente di male a chiedere se lo si fa con educazione e rispettando le identità e le sensibilità di ciascuno. Sarebbe peggio sbagliare il pronome di una persona, non credi?

4) Non negare le esperienze altrui solo perchè sono diverse dalle tue

La storia di ogni persona è totalmente differente e non devi capirla per rispettarla.
Non credere alle esperienze che ti raccontano le persone LGBTQ+ può sfociare in una forma di violenza che ha un nome ben specifico: gaslighting.
Non sappiamo cosa una persona ha subito per arrivare dove è arrivata fino a che non ce lo dice. Ci sono talmente tanti stereotipi sulle esperienze delle persone LGBTQ+ che alle volte non crediamo alle nostre orecchie quando ci vengono raccontate. Ma non essere credute alle volte è la parte più dolorosa in assoluto. Il tuo compito come alleato è quello di supportare le storie che ti vengono raccontate.

5) Non abbandonare il lavoro che hai fatto fino ad ora se ti senti a disagio

Farai degli errori, tutt* li fanno. Probabilmente dirai o farai la cosa sbagliata e probabilmente la dirai o farai nel momento più inadatto che possa esistere. Ti vorrai seppellire, vorrai sparire dalla faccia della Terra – lo sappiamo, capita anche a noi che facciamo attivismo da tanti anni.
Abbraccia la scomodità, impara quello che è andato storto nel tuo comportamento, chiedi scusa se hai fatto stare male qualcun* e continua nel lavoro che hai intrapreso. Se vuoi veramente agire in solidarietà, non puoi pensare di mollare al primo ostacolo o alla prima situazione scomoda. Quando il lavoro diventa difficile, è lì che devi concentrarti di più per capire in cosa consistono le difficoltà e superarle. Chiediti perchè ti sei sentito a disagio e magari parlane con una persona LGBTQ+ a te vicina. Probabilmente ti aiuterà a capire le motivazioni e insieme potrete andare oltre. Le persone LGBTQ+ spesso e volentieri non possono scappare da situazioni scomode o difficili (come ad esempio essere rifiutati dalla propria famiglia perchè non si è eterosessuali). Non possono prendere delle pause dalla lotta contro l’omotransfobia, non hanno questo privilegio. Quindi rimboccati le maniche e cerca di non ricadere negli stessi errori.