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n. 2 Novembre 2020 – Notiziario FGEI

A breve sarà disponibile online il nuovo numero del Notiziario FGEI! In questo numero parleremo della FGEI ai tempi del Covid, dell’incontro annuale dell’European Baptist Federation Youth & Children Ministry di gennaio, della domenica della FGEI di maggio, dell’ultimo CA12 di ottobre e di come il campo Multimedia Generation 2 ha dovuto cambiare forma per svolgersi sulla piattaforma Zoom il prossimo 5 dicembre.
Nel frattempo, vi proponiamo in anteprima l’editoriale di questo nuovo numero in cui Claudio Paravati ci parla delle nuove esperienze “virtuali” alle quali, come credenti, ci siamo dovuti adattare durante la prima ondata della pandemia di Covid-19.

Balbettare le parole. La missione durante la pandemia

Ci è toccato anche questo. Anzi, ci tocca ancora. Solo un mese fa avevo tra le bozze questo articolo, e nelle prime frasi argomentavo come stessimo già dimenticando la pandemia… sono bastati pochi giorni affinché tutto cambiasse, e oggi, mentre scrivo, siamo nel pieno inizio, drammatico e a quanto pare ancora una volta violento, della cosiddetta seconda ondata. Non è passata, anzi!

Cosa è successo nel frattempo? Il Covid ci ha colti così come siamo, nudi di fronte all’emergenza, con tutti i nostri difetti in bella vista: disuguaglianze sociali aumentate esponenzialmente negli ultimi decenni; arretratezza generalizzata tanto da un punto di vista strutturale quanto infrastrutturale; inadeguatezza tecnologica; acuto “digital divide”; povertà crescenti ed emarginazione. In queste condizioni ci rimettono, come sempre, i più deboli. Questa è la diagnosi… severa!

Cosa fare? il distanziamento fisico, necessario e doveroso per la salute di tutti, non è e non deve essere anche distanziamento sociale. Anzi! Ci siamo accorti come si possa essere comunità vicina fisicamente, ma distante socialmente; e di come, viceversa, si possa essere distanti fisicamente, e vicini “socialmente”. Questa inedita lettura delle distanze, a cui siamo stati costretti proprio perché ristretti in casa per settimane, è stata la lezione dolorosa che abbiamo vissuto: da qui si può, si dovrebbe, ricominciare. E invece, mi pare, abbiamo rincorso in estate la via per rimuovere il più velocemente possibile questo brutto ricordo.

L’evangelismo italiano, da parte sua – parlo in particolare di ciò che ho visto delle chiese metodiste, valdesi, e in parte battiste – ha reagito. Abbiamo assistito a una massiccia, pervasiva, variegata, predicazione diffusa. Un germogliare dai territori di predicazioni, studi biblici, incontri; ho avuto la fortuna di assistere ad alcuni di questi momenti.

Non nascondo come sia stata forte l’emozione, lo ricordo in maniera ancora vivida, provata durante la preghiera del Padre Nostro, detta in contemporanea da così tante persone durante un culto online; oppure quella provata quando durante uno studio biblico “circuitale”, ovvero di un’intera area geografica che raggruppa più chiese e comunità, una bimba dal suo schermo ha salutato i nonni, che, connessi da casa loro, non vedeva dal vivo ormai da tempo. Ci ricordiamo tutti il sapore di quei “ciao” detti al video, con i nostri cari dall’altra parte.

Il fatto che quell’incontro, di famiglia, fosse avvenuto grazie all’incontro per lo studio biblico, è, a mio parere, il nocciolo vitale della nostra comunità; con una novità ulteriore, mi pare: quell’incontro è stato possibile attraverso la tecnologia usata per fare lo studio biblico. La chiesa, in maniera inedita, è stata innovatrice anche dal punto di vista tecnologico! Una cosa a cui solitamente non siamo così abituati.  

Questi elementi hanno creato, però, una fase nuova? Questa esperienza ci ha fatto migliori – come voleva uno slogan di qualche tempo fa? Ad essere sincero, penso di no.

Mi pare semmai che la reazione, anche delle chiese oltre che della società, se da una parte è stata vivace, fantasiosa e sincera; dall’altra abbia mostrato il fiato corto. Quando siamo stati costretti a chiudere le nostre mura fisiche – per esigenze di salute pubblica –, allora siamo rimasti, mi sembra, anche noi nudi con le nostre fragilità. Ma era quello il momento di dire e di fare qualcosa. A partire dalle fragilità, sia nostre che della società, credo, dovremmo ricominciare a pensare la nostra missione. 

Non siamo diventati migliori, anzi. Sono però convinto, al contempo, che non si possa tornare indietro come niente fosse. Quanto diversi, e in che senso diversi, questo sì dipende dalle scelte che sapremo condividere e decidere. Possiamo tornare come prima, con l’aggiunta di qualche diretta Facebook qua e là. Sarebbe però, a mio giudizio, la magra via del declino. 

Possiamo prendere di petto, invece, ciò che è successo; capire dove sono le nostre debolezze; rilanciare infine la missione, come un unico corpo, con la voglia di riprendere la parola: nel mondo, e non solo nel nostro, piccolo, mondo. Prendere la parola per fare cosa? 

Questa è la parte più semplice. Balbettare le nostre parole, nella speranza che risuoni, ogni tanto, la Parola.

Claudio Paravati,
Direttore della rivista Confronti, già segretario della FGEI dal 2011 al 2013